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Nuoro – MARIO SIRONI

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L’ETERNITÀ DEL MITO da SPAZIO ILISSO

11 dicembre 2021 – 17 aprile 2022

In collaborazione con l’Archivio Mario Sironi, Roma

 Nel 60° anniversario della morte di Mario Sironi lo Spazio Ilisso presenta la mostra dedicata a un gigante della storia dell’arte occidentale.

 Oltre 60 opere tra oli, tempere e disegni, documentano trent’anni di ricerca artistica di Mario Sironi dal 1928 al 1958.

L’exibhition “MARIO SIRONI. L’ETERNITÀ DEL MITO” si unisce idealmente con l’allestimento in corso al Museo del Novecento a Milano, riallacciando il tracciato esistenziale dell’artista tra l’Isola in cui è nato nel 1885 (a Sassari) e Milano dove è vissuto fino agli ultimi giorni nel 1961.

L’exhibition propone l’artista nella sua fase matura, nella forma definitiva in cui oggi è conosciuto: ovvero l’artista della sintesi.

Il percorso offre ai fruitori alcune significative testimonianze delle opere monumentali degli anni Trenta che testimoniano la sua predilezione per la pittura murale che sentiva come potente veicolo per la “funzione educatrice” delle masse, paragonabile all’arte pubblica classica, romana e cristiana, o del Rinascimento.

In questi anni Sironi sostiene l’abbandono del cavalletto e alla fine del 1933, assieme a Carrà, Funi e Campigli, firma il Manifesto della pittura murale: arte sociale “per eccellenza”. Il padre del muralismo avversava l’opera da salotto, decorativa e cinicamente mercificabile; secondo Sironi, infatti, l’Arte non doveva necessariamente risultare “simpatica” ma rigorosa e responsabile, “grande” nei contenuti morali che lo Stato avrebbe dovuto consegnare ai cittadini. Concetto complesso, difficile da salvaguardare, e pagato caro da Sironi che più forte di tutti lo sostenne.

A seguire, l’iter espositivo propone le opere degli anni Quaranta, condizionate dalla tragica parentesi bellica e dalla difficile ricostruzione del Dopoguerra. Una ricostruzione che di fatto avvenne anche per il Sironi privato, schiacciato dal crollo degli ideali e della realtà del ventennio precedente, in cui aveva creduto. Il percorso pittorico in mostra si chiude con gli anni Cinquanta, con quei lavori che Sironi stesso definiva “frammenti”: qui l’architettura è il soggetto costante dell’artista, al quale affidava, nella personale traduzione pittorica, i valori laici e razionali dell’essere umano; costruzioni alternate spesso ai maestosi paesaggi con montagne.

La mostra offre anche un’ampia sezione dedicata all’illustrazione editoriale necessaria per comprendere meglio l’opera di Sironi. Filone espressivo fondamentale per la divulgazione artistica, coltivata fin dagli esordi, l’illustrazione ha per l’artista rappresentato la ricerca di un segno via via più sintetico per una resa più efficace del soggetto.

Il catalogo della mostra è corredato dal testo critico di Claudio Strinati, noto storico dell’arte, giornalista, divulgatore e curatore di mostre d’arte, che nel suo saggio affronta il cosiddetto “problema Sironi” offrendo una chiarificatrice e definitiva lettura della connivenza ideologica e politica dell’artista con il Fascismo. Strinati ribadisce che Sironi non ha mai avuto «altro obbiettivo che l’arte in sé … Sironi ha sempre pensato che si fa l’arte, quale che sia la tecnica con cui la si realizza, a beneficio della società e della comunità tutta, di chi vive con noi e di chi vivrà dopo di noi. L’arte non è rivolta alla politica, non ne è succube né interprete. È rivolta alla gente».