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Rubrica: “Narrazioni del passato” a cura dell’archeologa Flegrea Milena Costagliola

Poto Milena Costagliola ©2021

Prosegue il filone dal titolo “Il lusso tiberiano” a cura dell’archeologa Milena Costagliola.

https://www.arscriven.it/2021/09/03/rubrica-sperlonga-il-lusso-tiberiano-narrazione-e-foto-dellarcheologa-milena-costagliola/

 La narrazione delle vicissitudini dell’imperatore Tiberio, e i meravigliosi scatti che risultano essere una “finestra” nel passato nelle due splendide località: Sperlonga e Capri.

Questa settimana il focus è a “Villa Jovis” nell’isola Blu dove l’imperatore Tiberio vi trasferì definitamente il 27 d. C. a seguito di un eritema che gli colpi il viso.

La Perla bianca del Lazio e l’Isola Blu della Campania unite da un’unica storia.

Sperlonga e Capri, unite da sempre dal mare e dalla storia 

CAPRI: VILLA JOVIS a cura di Milena Costagliola

“Villa Jovis”, o “Villa di Giove”, è collocata sulla vetta del Monte Tiberio, nella parte orientale dell’isola di Capri. Da qui l’imperatore Tiberio Claudio Nerone governò l’impero per oltre undici anni.

Durante il suo soggiorno sull’isola di Capri, nonostante il suo precario stato di salute, Tiberio ordinò la costruzione di altri undici palazzi dislocati sull’isola.

Photo Milena Costagliola©2021

Gli architetti, che progettarono la sua villa per rendere il soggiorno dell’imperatore confortevole, si trovarono di fronte al problema dell’approvvigionamento idrico.

L’acqua, che abbondava nei bassi rilievi dell’isola, scarseggiava nei livelli superiori.

Così furono costruite due o più cisterne di enorme portata disposte nelle fondamenta della villa stessa.

Con la raccolta di acqua piovana nelle cisterne della villa, fu resa possibile l’erogazione di acqua pura e potabile anche nei secoli successivi fino all’attuale centro storico.

Al centro della costruzione si trovavano le cisterne per la raccolta delle acque piovane, risorsa fondamentale su un’isola priva di sorgenti, usate sia come acqua potabile sia come riserva destinata alle terme.

Sul versante ovest della villa trovava posto il quartiere servile e a nord l’alloggio dell’imperatore e dei suoi collaboratori più fidati, come l’astrologo Trasillo.

Il versante est, invece, era occupato dalla sala del trono.

A “Villa Jovis” c’era anche un faro, utilizzato per le comunicazioni con la terraferma. Questo però crollò con un terremoto che distrusse buona parte della villa pochi giorni dopo la morte di Tiberio, quasi ad anticipare il nefasto presagio.

Questa “casa della luce” serviva al nobile romano per inviare messaggi ad altre torri fino a Roma. In questo modo un’informazione arrivava alla Capitale in pochi minuti. Al calar del buio veniva attivato un diaframma che creava delle fiamme. Di giorno, al contrario, inviava dei segnali di fumo.

Villa Jovis nel tempo…

La torre fu poi ricostruita e riprese la sua attività per tutto il Medioevo.

Scoperta nel XVIII secolo durante il dominio di Carlo di Borbone, “Villa Jovis” è ben conservata anche se numerosi reperti sono andati persi.

Photo Milena Costagliola ©2021

Altri, invece, sono conservati nelle sale del Museo Archeologico di Napoli e nella Chiesa di Santo Stefano a Capri.

Alcuni elementi delle paste vitree di colore rosso e azzurro sono state utilizzate per la mitria e la collana di San Costanzo, patrono dell’Isola di Capri.

Solo nel 1932 fu messo in atto un lavoro di recupero capace di valorizzare realmente le rovine di “Villa Jovis”.

L’opera di restauro fu diretta dall’archeologo Amadeo Maiuri, all’epoca Soprintendente alle Antichità della Campania e Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e permisero di liberare il sito dalle macerie che si erano accumulate nel corso degli anni.

Tuttavia si è creduto bene di porre sopra una chiesa cattolica e una statua della Madonna e un convento, per quella consuetudine cattolica di cancellare ogni traccia della storia antecedente al Cristo; si tratta della Chiesa di Santa Maria del Soccorso.

Lo stile della villa è tipico delle classiche abitazioni signorili romane, ma ricorda anche una piccola fortezza.

L’ozio e i vizi di corte lo avrebbero indotto a commettere brutalità eccessive, come quella di far lanciare nel vuoto del “Salto di Tiberio”, uno spaventoso precipizio alto m. 297, i suoi schiavi. Nemici politici, amanti e condannati a morte. Il primo a sperimentare l’orribile burrone pare sia stato un giovane pescatore che si era intrufolato nella dimora, sfuggendo alla sorveglianza per regalare al signore romano una triglia. Comunque, non ci sono fonti certe che testimoniano questa usanza.

Photo Milena Costagliola ©2021

Si narra, inoltre, che “Villa Jovis” a Capri custodisse un passaggio segreto sotterraneo. Si trattava di una via di fuga collegata a una baia in cui era ormeggiata una barca pronta a mettere in salvo Tiberio in caso di necessità.

D’altro canto, la figura di Tiberio è avvolta dal mito: alcuni lo descrivano come un sovrano generoso e attento, altri come un mostro crudele in preda alla follia.

 CAPRI: PALAZZO A MARE o BAGNI DI TIBERIO

Nella stagione estiva l’imperatore Tiberio si trasferiva a “Palazzo a Mare”, altra villa collocata sull’isola, altrimenti noto come “Bagni di Tiberio”.

Era la dimora estiva per eccellenza con il nucleo centrale, piscine, un ninfeo che si apre sul Tirreno, terrazze e giardini.

Photo Milena Costagliola ©2021

Le dimensioni dell’edificio, non del tutto chiare, dovevano essere davvero ampie, si estendevano da Punta Bavero fino alla spiaggia.

Poco è rimasto di “Palazzo a Mare”: spezzoni di muri che formavano i terrazzamenti, un piccolo approdo e alcune cisterne.

Si osservano le tracce dell’imponente esedra ninfeo in opus reticulatum. Quest’ambiente era accessibile anche dal mare attraverso una scalinata.

Secondo l’archeologo Amedeo Maiuri, la Villa di “Palazzo a Mare” a Capri era arredata con marmi e pavimenti in mosaico.

Molti reperti sono stati saccheggiati durante l’occupazione francese a inizio Ottocento.  I cugini d’oltralpe edificarono anche un fortino e trasformarono il posto in un accampamento. Quattordici tonnellate di lastre marmoree, capitelli e statue furono portate via da Norberto Hadrawa, archeologo austriaco che, a fine Settecento, si avventurò in una campagna di scavi.

Tuttavia, qualche ritrovamento prezioso proveniente dal Platium si può ancora vedere.

Si tratta di un altare dedicato a Cibele conservato al British Museum di Londra.

Mentre su un lato dello stabilimento balneare, “Bagni di Tiberio”, le onde riportano alla luce altri tesori appartenenti dimora romana: due piscine naturali e due vasche per l’allevamento dei pesci.

Queste costruzioni erano collegate al mare tramite saracinesche che si alzavano e abbassavano, favorendo il ricambio idrico.

CAPRI: VILLA DAMECUTA

Altra villa tiberiana degna di nota è la cd. “Villa Damecuta”, circondata da una pineta: un’oasi di pace immersa nel verde. Un luogo perfetto per riposarti dopo il tratto a piedi.

Gli scavi di “Villa Damecuta”, furono riportatati alla luce dall’archeologo Amedeo Maiuri tra 1937 e il 1948. Oggi si ammirano solo le fondamenta di quest’antico edificio anche perché fu danneggiato dall’eruzione e del Vesuvio nel 79 d.C..

Durante gli scavi gli studiosi intuirono che la costruzione doveva essere ricca di pavimenti, statue e stucchi.

Photo Milena Costagliola ©2021

La Villa era formata da una lunga loggia porticata di m. 80 che apriva su un belvedere, un quartiere residenziale nella zona ovest e un altro nucleo abitativo. Nella parte interna che affaccia sul mare ci sono alcune nicchie dove, probabilmente, si trovavano delle panche.

Gli scavi di “Villa Damecuta” affacciano sull’intero Golfo di Napoli; Tiberio godeva di una vista speciale, fermati e lasciati avvolgere dalla tranquillità.

Al termine della pineta c’è la torre medievale, che svetta a 150 slm sopra il livello del mare e fu costruita sulle rovine di “Villa Damecuta” nel XII, atta alla difesa della costa dalle invasioni saracene. In seguito, divenne un fortino usato dagli inglesi nella guerra contro i francesi.

Proprio sotto la torre di avvistamento si cela una delle aree più interessanti. Questa parte del sito archeologico, oggi inaccessibile, comprende ambienti di soggiorno e un cubicolo. In questa stanza fu scoperto il torso maschile di una statua.

Si narra che la Villa imperiale di Damecuta fosse unita con un sentiero alla villa più piccola “di Gradelle” o “di Gradola” situata in cima alla Grotta Azzurra. Questa residenza, secondo leggende mai confermate, sembrava avere un passaggio diretto per accedere alla spelonca allora adibita come ninfeo.

L’esistenza di collegamento segreto tra Villa Damecuta e la grotta più famosa del mondo appassionò per oltre mezzo secolo: esperti e avventurieri partirono alla sua ricerca, ma non riuscirono mai a trovarlo.