Roma, 11 novembre 2021 – L’industria dell’arte in Italia genera un volume d’affari pari a 1,46 miliardi di euro, con un impatto complessivo economico sul Paese di 3,78 miliardi di indotto, e dà lavoro a circa 36 mila addetti nell’intera filiera produttiva. Sul piano europeo, l’Italia rappresenta il 2% del mercato rispetto alle vendite a valore delle opere d’arte, quota che sale al 6% con l’uscita di UK dall’UE. Circa 4 mila tra gallerie d’arte moderna e contemporanea, antiquari e case d’asta, rappresentano alcuni tasselli fondamentali del variegato mosaico artistico italiano, composto anche da antiche e moderne professionalità come quelle dei restauratori, consulenti, operatori della logistica, le assicurazioni, le fiere nazionali e internazionali e il mondo dell’accademia. Il settore, altamente specializzato, ritiene che le principali sfide che attendono il nostro Paese siano la semplificazione normativa, la riduzione del gap formazione-mondo del lavoro e la digitalizzazione. Vincerle significa consentire all’Italia di riappropriarsi del ruolo di “fabbrica della bellezza” nel mondo.
Sono questi i principali dati della ricerca “Arte: Il valore dell’industry in Italia”, realizzata dall’Osservatorio Nomisma e promossa dal Gruppo Apollo, con la collaborazione di Intesa Sanpaolo, presentato oggi a Roma. La presentazione si è svolta presso Palazzo Rospigliosi alla presenza del Ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, del Generale Roberto Riccardi del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e del Direttore Generale degli Uffizi, Eike Schmidt e l’Art Advisory e Fair Value (Direzione Arte, Cultura e Beni Storici) di Intesa Sanpaolo, Antonella Crippa.
Lo studio, primo nel suo genere, si pone come obiettivo quello di realizzare un’istantanea del mercato dell’arte in Italia e del suo impatto economico ed occupazionale sul Paese. Promotore dell’iniziativa, il Gruppo Apollo rappresenta il mercato dell’arte in Italia e riunisce la Federazione Italiana Mercanti d’Arte, l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, l’Associazione Antiquari d’Italia, l’Associazione Nazionale Case d’Asta, Logistica Arte, Phillips, Christie’s, Artcurial, Bolaffi, Wannenes, Bonhams, Sotheby’s, Il Ponte, Dorotheum, Shipping Team, e Arterìa.
Per stimare il reale valore dell’industria dell’arte in Italia, la ricerca considera l’intero universo degli operatori che gravitano attorno alla filiera. Nel 2019 il fatturato di case d’asta, gallerie, antiquari e mercanti d’arte ha raggiunto quota 1,04 miliardi di euro, cui si aggiungono 420 milioni di euro derivanti da logistica, pubblicazioni, assicurazioni, fiere, istruzione e restauratori. Per ogni euro del volume d’affari registrato nel mercato dell’arte, secondo l’effetto moltiplicatore calcolato dai ricercatori di Nomisma, si stima un output di 2,60 euro, motivando così l’enorme impatto economico complessivo sul Paese, pari a 3,78 miliardi di euro.  
In questo scenario, la pandemia Covid-19 ha avuto l’effetto di accelerare alcuni processi già in evidenza nel settore, quali la specializzazione e la digitalizzazione. Negli ultimi anni, infatti, si è evidenziata una riduzione del numero dei player nel mercato a fronte di un aumento del fatturato complessivo. Nel 2019 operavano in Italia 1.667 gallerie, 610 unità in meno rispetto al 2011; situazione simile a quella degli antiquari, che da 1.890 nel 2011 sono diventati 1.593 nel 2019. Tuttavia, le transazioni hanno avuto un balzo in avanti del 2%, rispetto al 2011. Ad emergere sono le imprese più virtuose e competitive, in grado di specializzarsi e adattarsi alle esigenze del mercato nazionale e internazionale. La contrazione economica causata dalla pandemia ha indotto le realtà a implementare ulteriormente la digitalizzazione. Per esempio, rispetto al 2015, quando solamente per 1 impresa su 10 i ricavi delle vendite online incidevano più del 10%, si stima che per la fine del 2021 saranno 7 su 10 le aziende che incrementeranno il fatturato grazie al digitale. Lo sviluppo digital del settore ha inoltre consentito di mantenere stabili le transazioni: mediamente ogni operatore ha realizzato 221 transazioni nel 2020, rispetto alle 224 nel 2019.
Il Covid-19 ha solo in parte compromesso la proiezione del settore sui mercati internazionali, tanto che nel 2020 la contrazione registrata sul fatturato estero è scesa solamente di 3 punti percentuali rispetto al 2019. Lo scorso anno, i lockdown totali e parziali, l’annullamento di eventi e mostre hanno impattato sul fatturato delle imprese e sulla crescente richiesta di credito, interessando il 33% di esse. Nel 2021 la situazione di emergenza economico finanziaria non sembra ancora rientrata, tanto che il 40% delle imprese ha registrato una maggiore esigenza di credito per la prosecuzione della propria attività.
GLI ANELLI DELLA FILIERA: LOGISTICA, ASSICURAZIONI E FIERE
La survey realizzata da Nomisma amplia l’analisi a tutti i settori di fornitura e di servizi per il mercato dell’arte, quali la logistica, le assicurazioni, le fiere, che rendono possibile il funzionamento di una macchina complessa in grado di dare visibilità al Paese in ambito nazionale e internazionale. È questo il caso della logistica dell’arte, un segmento da 70 milioni di euro nel 2019, duramente colpito dalla pandemia, che ha sofferto nel 2020 un crollo di fatturato tra il 70% e il 90%. Anche nell’ambito delle polizze dell’arte – mercato che a livello mondiale è stimato in 2,3 miliardi di dollari – l’Italia è ai primi posti in Europa dopo Regno Unito, Germania e Francia. L’uscita di UK dall’Unione Europea potrebbe far emergere tra gli attori principali Parigi, sia per l’Art Market, sia per l’Art Insurance Market. Le assicurazioni dell’arte, contando su uno stock di opere stabile da assicurare, hanno risentito in misura minore della situazione pandemica, rispetto, ad esempio, agli eventi fieristici, vietati dalle misure di prevenzione del Governo. L’indotto diretto delle principali fiere dell’arte in Italia contava in 68,1 milioni di euro nell’era pre-Covid. Il più importante apporto giunge da Mercanteinfiera – Parma, che complessivamente contribuisce per 25,6 milioni di euro. Dopo quest’ultimo, da sottolineare l’indotto del Miart – Milano (9,1 milioni di euro) e del BIAF  – Firenze (7,8 milioni di euro), la mostra di arte italiana antica più importante del mondo.
LE NUOVE SFIDE E LE RICHIESTE DEL SETTORE
Attraverso un sondaggio somministrato alle associazioni di settore, Nomisma ha potuto individuare le principali sfide che gli attori del comparto si apprestano ad affrontare. In primo luogo, la formazione a supporto dello sviluppo delle competenze del settore – che vede in Italia 32 accademie e istituti di eccellenza e più di 2.200 studenti diplomati ogni anno – necessita di una strategia di lungo periodo pianificata a livello nazionale, in grado di formare nuove figure professionali ed evitare che si crei ‘un limbo’ di alto artigianato, non in linea con le nuove evoluzioni. L’80% degli intervistati ritiene che il sistema fiscale e l’eccessiva burocrazia relativa alla circolazione internazionale dei beni (in ingresso ed in uscita dall’Italia) costituiscano i principali elementi che limitano lo sviluppo dell’industria nel nostro Paese. La filiera individua – tra gli strumenti necessari per garantire una maggiore programmazione economica – una riforma della normativa sull’export, con tempi certi da parte degli uffici di esportazione, ed una semplificazione della burocrazia. In particolare la recente approvazione della soglia unica di valore (13.500 euro) sotto la quale non è richiesto un permesso di esportazione (legge concorrenza 2017), applicata con tre anni di ritardo nel dicembre 2020, è stata un passo significativo nella direzione della semplificazione, ma non sufficiente. Occorre adeguarsi alle soglie previste dal Regolamento CE 116/2009 più elevate e differenziate a seconda della tipologia di beni, previste in altri paesi europei (es. Francia). Secondo i principali attori del settore, bisogna garantire maggiore certezza dei tempi nel rilascio delle autorizzazioni, quando richieste. Ad esempio, dopo un termine anche lungo dalla data della richiesta, che si può interrompere qualora lo comportino esigenze istruttorie, un bene deve poter uscire se non interviene un diniego di attestato. In ultimo,  la creazione di una banca dati pubblicamente accessibile relativa ai beni notificati si pone come necessaria anche al fine della loro valorizzazione e della certezza delle pratiche commerciali.