Intervista allo scrittore partenopeo Giuseppe Petrarca: l’editoria nell’era digitale

 

Viviamo giorno dopo giorno l’evoluzione digitale e di conseguenza anche il mondo dell’editoria è cambiato grazie anche alla nascita di piattaforme che offrono la possibilità di poter pubblicare i propri libri cartacei ed anche gli ebook.

Con questa evoluzione si può affermare che sono di più le persone che scrivono che le persone che leggono?

Le statistiche parlano chiaro in Italia si legge pochissimo tanto che ci sono ormai più scrittori o presunti tali che lettori. Una disparità che pesa, non solo sulle attività commerciali editoriali, ma sulla strisciante deculturazione della nostra società che apre le porte a un’informazione del tutto superficiale, contaminata da strategiche “fake news” costituite da notizie false o infondate nel tentativo di omologare la coscienza comune

Tu da scrittore riconosciuto come vivi il cambiamento? È un evoluzione o un’involuzione?

Non sempre il cambiamento produce effetti positivi nei processi sociali. Nel caso dell’editoria ci troviamo in un sistema non del tutto regolamentato che non garantisce una gestione equa del prodotto “libro”. In realtà, definirei una giungla il coacervo di canali di distribuzione e di autoproduzione che vanno a discapito della qualità dell’impianto narrativo.

Come dicevo, oggi si consumano troppe informazioni e a un ritmo frenetico generando una bolgia di “info-obesità” per la quale una notizia nel giro di pochi minuti, è già vecchia. Non è più tempo di fare romanticismo, la scrittura oggi più che mai, purtroppo, è solo un business.

Sono tante le piattaforme oppure agenzie che chiedono soldi per la pubblicazione di libri, ma alla fine chi ci guadagna? O meglio lo scrittore cosa guadagna? Il mito della visibilità?

Per un novello autore pubblicare un libro è come lasciare un segno del proprio passaggio sulla Terra. Molti romanzi sono ispirati, infatti, a storie personali e a saghe familiari. Questi autori sono la preda preferita di certi editori che operano nel segmento della pseudo-editoria, ovvero in quel mercato parallelo che si sovrappone all’editoria. In questi casi, la pubblicazione di un libro è pagata dall’autore, direttamente o tramite l’acquisto di un numero prefissato di copie. L’EAP è una grave piaga perché inganna l’autore mentre in realtà opera solo per fini di lucro come una qualsiasi stamperia/tipografia

Quale è stato il tuo primo libro?

Il mio primo  “giallo social”, che ha dato il via a una serie di “medical thriller”, è stato Inchiostro Rosso, un noir sugli affari delle case farmaceutiche. Il libro ha dato inizio al mio percorso dove, oltre all’indagine vera e propria, nasce il mio primo personaggio: Davide Silli, un giovane afflitto da una patologia degenerativa che, in maniera figurata, incarnava le mie aspettative. Con la scrittura, infatti, cercavo di liberarmi dalle catene che mi tenevano legato alla mia “sedia a rotelle” costruita sulle debolezze e sulle paure della mia esistenza per iniziare a volare alto con l’immaginario, affidandomi alla scrittura come meraviglioso atto di liberazione

Il libro che ti ha dato più soddisfazione?

Ci sono due libri molto diversi tra loro che hanno contrassegnato tutto il mio cammino nel mondo della scrittura. Il primo è L’Avvoltoio, un noir sul traffico illecito di organi umani (tema tabù) e sull’immigrazione che ha ottenuto svariati riconoscimenti, tra questi cito per tutti, il Primo Premio al Garfagnana in Giallo 2018, che fruttò anche diverse apparizioni nei programmi RAI.

L’altro romanzo è “La città puntellata”, ambientato a Napoli e in Lucania nei giorni drammatici del terremoto del 1980. Una storia che attraversa l’esistenza di cinque protagonisti calati in quella notte che non è ancora finita. L’obiettivo era di penetrare nell’animo dei personaggi rivelando le loro ansie e le loro aspettative in un mondo di Santi e corruttori, di eroi e criminali.